Direttiva UE su Trasparenza Retributiva e Parità Salariale in vigore da giugno 2026. Perché occorre prepararsi per tempo
lun 08 set 2025
Con la Direttiva 970 del 10 maggio 2023 l’Unione Europea prosegue sulla strada di eliminazione di ogni tipo di ostacolo alla realizzazione della Parità di Genere. Nello specifico la citata Direttiva si focalizza sulla questione salariale ed i divari che ancora oggi caratterizzano il mercato del lavoro nei Paesi membri tra l’occupazione femminile e quella maschile. Gli Stati membri hanno tempo sino a giungo 2026 per recepire la Direttiva, tuttavia, seppur in assenza di una norma nazionale, gli impatti applicativi sulle imprese iniziano a prodursi già da ora in attesa di conoscere i termini e le modalità attraverso i quali, il nostro Paese, recepirà la Direttiva medesima.
Per comprendere la portata attuale dell’impianto normativo e gli scenari futuri, occorre esaminare i punti salienti della Direttiva che segnano già ora il percorso che le aziende dovranno seguire, in pratica, a partire dal prossimo gennaio 2026.
Prima di addentrarci nella disamina vi ricordiamo che per qualsiasi approfondimento e particolarità al riguardo potete contattarci al seguente link: consulenzarelazioniindustriali@bo.cna.it.
Entrando nello specifico e procedendo schematicamente la Direttiva, che si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati, prevede:
1) Obblighi:
Adeguamento ai principi di Trasparenza Salariale
Tutti i datori di lavoro saranno obbligati ad adeguarsi ai principi di Trasparenza Salariale attraverso i quali devono essere resi noti i criteri delle politiche retributive aziendali e ciò sia per il personale già in forza, sia nella fase di reclutamento e selezione di nuovo personale.
Certificazione della Trasparenza Salariale ed obbligo di comunicazione del divario retributivo tra sesso femminile e sesso maschile
• datori di lavoro con un numero di dipendenti superiore a 250 avranno l’obbligo di Certificazione della Trasparenza Salariale entro il 07 giugno 2027 e, successivamente, ogni anno;
• datori di lavoro con un numero di dipendenti compreso tra 150 e 249 entro il 07 giugno 2027 e, successivamente, ogni tre anni;
• datori di lavoro con un numero di dipendenti compreso tra i 100 e 149 dipendenti avranno l’obbligo di Certificazione della Trasparenza Salariale entro il 07 giugno 2031 e, successivamente, ogni tre anni;
• datori di lavoro con un numero di dipendenti inferiore a 100 hanno la facoltà di comunicare la loro situazione in materia di divario retributivo.
Limite del divario retributivo
I datori di lavoro assoggettati all’obbligo di comunicazione/ certificazione devono garantire che l’eventuale divario retributivo misurato sui criteri di genere, in una qualsiasi categoria di lavoratori, non sia superiore al 5%. In caso contrario il datore di lavoro ha l’obbligo di rimuovere ogni tipo di ostacolo e rientrare nei parametri indicati dalla norma. Al tal fine, la Direttiva, valorizzando il ruolo delle Parti Sociali quali massime conoscitrici delle specificità dei settori produttivi e delle realtà aziendali, prevede che le attività di valutazione ed adozione di eventuali correttivi siano svolte congiuntamente a livello aziendale nell’ambito di un confronto di Dialogo Sociale tra le parti datoriali e quelle sindacali.
Per comprendere appieno la portata dei principali obblighi sinteticamente descritti, occorre richiamare i concetti posti a base dalla Direttiva attorno ai quali dovranno svilupparsi tutti gli adempimenti sopra citati.
2) Pari Lavoro e Lavoro di Pari Valore
Nello specifico, la Direttiva nel declinare il principio di parità salariale richiama due concetti: Pari Lavoro e Lavoro di Pari Valore attorno ai quali si gioca tutto l’impianto normativo. L’analisi ed interpretazione di questi due valori richiama necessariamente un’attività di due diligence aziendale approfondita, mirata e non replicabile, volta a determinare non solo gli aspetti squisitamente contrattuali (inquadramento, livello, anzianità, etc.) ma anche e soprattutto quelli di natura organizzativa e strategica per l’organizzazione aziendale. In buona sostanza, limitare il concetto di equità retributiva a chi ricopre lo stesso ruolo non risolverebbe del tutto il problema della parità retributiva e nemmeno basterebbe riferirsi a livelli contrattuali, che spesso sono usati in modo improprio. Garantire equità retributiva effettiva richiede un ragionamento più esteso, che allarghi il confronto a ruoli assimilabili per requisiti professionali, competenze, impegno e responsabilità, che hanno quindi un medesimo “valore” per l’organizzazione. Per “misurare” il valore di un ruolo per un’organizzazione è necessario individuare dei criteri neutrali (cioè non influenzati dalle caratteristiche delle persone), che consentano un confronto il più possibile oggettivo, indipendente dalla persona che ricopre il ruolo stesso e dall’area funzionale cui appartiene e, attraverso l’applicazione di questi criteri, costruire dei gruppi di ruoli sostanzialmente omogenei in termini di peso organizzativo. Si tratti quindi di una vera a propria “job evaluation”, ossia una modalità di analisi organizzativa che serve proprio a definire dei job cluster, cioè raggruppamenti di ruoli “di pari valore”, su cui costruire una politica retributiva omogenea. La Direttiva prevede quindi che gli Stati membri definiscano per legge i principi ed i criteri a cui attenersi per costruire strutture retributive eque e neutrali.
Perché è importante iniziare a parlare di questa norma già oggi? Le considerazioni sono molteplici:
Legge di mercato
Si prevedono per questa norma le medesime dinamiche che si sono prodotte esattamente per altre certificazioni (Parità di Genere, Bilancio di Sostenibilità ed ESG, etc.). Seppur espressamente ed obbligatoriamente rivolte ad aziende strutturate, la subfornitura e la catena di valore non si sono potute esimere dall’adeguarsi a talune misure introdotte dalle citate normative per mantenere i rapporti con i committenti che, ai fini delle loro certificazioni, a loro volta, devono dimostrare di avvalersi di partner e fornitori allineati ai valori tutelati. Lo stesso dicasi per le aziende che lavorano nell’ambito di appalti pubblici.
Obblighi di trasparenza
L’obbligo di trasparenza retributiva, come sopra specificato, riguarda tutti i datori di lavoro pubblici e privati, indipendentemente dal limite dimensionale.
Competitività sul mercato del lavoro
Questa norma, più di ogni altra, impatta su uno degli aspetti più sensibili del rapporto di lavoro: la retribuzione. In un mercato del lavoro in cui, soprattutto le imprese più piccole e meno strutturate faticano a trovare manodopera e dove i candidati si pongono nei confronti dei processi di selezione e reclutamento con un approccio sempre più consapevole e selettivo, per le aziende diventa importante e dirimente proporsi come un’azienda “sensibile” a tali temi ed impostata in una logica di trasparenza salariale. Può fare davvero la differenza.
Cultura aziendale
Saper cogliere questa ulteriore opportunità significata rendersi protagonisti nella sfida culturale che da tempo si è innescata volta a superare i due grandi gap europei tra occupazione femminile e quella maschile: 13% di divario retributivo tra uomini e donne; 30% di divario pensionistico tra uomini e donne.
In conclusione, occorre parlarne già oggi, seppur in attesa che il nostro Paese recepisca la Direttiva e di conoscerne i dettagli, perché resta il fatto che qualsiasi adempimento dovrà passare da una preventiva e propedeutica attività di due diligence e, nel momento in cui entrerà in vigore la norma nel mese di giugno 2026, per la determinazione e valutazione dei parametri, verrà preso a riferimento tutto l’anno 2026. Ne deriva che già a partire da gennaio 2026 le aziende avranno la necessità di adeguarsi e, nel fare ciò, hanno necessità di un supporto specialistico in grado di svolgere in maniera competente l’attività di due diligence ed analisi organizzativa, ovvero, di essere aggiornato sull’evoluzione e gli orientamenti interpretativi e normativi che si svilupperanno nelle more del recepimento normativo della Direttiva. A tal riguardo, CNA Bologna è al fianco delle imprese attraverso l’area Relazioni Industriali che, con il suo staff, è a disposizione degli associati per una consulenza specialistica e per qualsiasi tipo di supporto in questo ambito.
Per info: consulenzarelazioniindustriali@bo.cna.it.
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