Enne Vu: 200mila mascherine

Enne Vu: 200mila mascherine

Erano i primi giorni di marzo, i più terribili. Quando i tg trasmettevano notizie sempre peggiori sull’esplosione dell’epidemia e rilanciavano gli appelli delle Autorità. Il Covid 19 stava dilagando nell’Italia settentrionale e iniziavano a scarseggiare i dispositivi di protezione individuale.

“Stavamo guardando la televisione con mio padre – ricorda Rita Facchini, Responsabile Area commerciale della Enne Vu, storica azienda di Anzola Emilia, produttrice di abbigliamento da lavoro  – e allora abbiamo pensato a cosa potevamo fare per rispondere a quel bisogno.

In quel periodo – aggiunge –  eravamo aperti perché rientravano nell’elenco di codici Ateco a cui era stato consentito di proseguire l’attività e ci è venuto in mente che diversi anni prima avevamo già lavorato per un cliente che faceva materiali per le sale operatorie, incluse le mascherine. E così, dopo averci riflettuto, quella sera stessa abbiamo deciso che eravamo attrezzati per provarci”.

A partire dai giorni successivi inizia il percorso che porterà l’impresa a produrre nei due mesi seguenti circa 200.000 mascherine chirurgiche di tipo I Lavabili e utilizzabili sino a dieci volte.

Un percorso non semplice perché, come ormai noto, nel nostro Paese oltre alla capacità produttiva, rimaneggiata dalla cessione all’estero di importanti quote di mercato, in quel momento mancavano norme chiare e procedure per quel tipo di prodotto.

“Per capire come muoverci – prosegue l’imprenditrice – ci siamo rivolti alla Regione Emilia-Romagna e a seguire ci siamo avvalsi delle competenze del Tecnopolo di Mirandola per fare i necessari test di laboratorio in rispondenza alle normative specifiche sulle mascherine chirurgiche.

Superati i test, il passo successivo è stato il confronto con l’Istituto Superiore di Sanità dal quale poi, non senza difficoltà,  è arrivata l’autorizzazione a produrre “in deroga” la mascherina.

“La maggior parte delle mascherine prodotte – spiega Rita Facchini – sono state acquistate da nostri clienti storici e anche da nuovi che le hanno utilizzate soprattutto per i propri dipendenti.  Abbiamo risposto anche ad una specifica esigenza del nostro Comune che ci aveva richiesto 8.000 pezzi e ad ordini arrivati da nuovi clienti che ci hanno contattati dopo averci visto sull’elenco delle aziende produttrici autorizzate”.

“Ora – aggiunge – il mercato nazionale comincia a saturarsi ma stiamo comunque valutando se avviare il percorso della certificazione CE che ci consentirebbe di produrre anche una volta finito il periodo di deroga”.

“Complessivamente – prosegue – siamo soddisfatti della scelta fatta anche perché siamo entrati in rapporto con importanti soggetti del mondo medicale. Vorremmo proseguire pur avendo incontrato diversi problemi.

Oltre ad essere di qualità, pensato per contenere l’impatto ambientale e venduto a un prezzo decisamente modesto, il nostro è un prodotto del territorio, che non viene dall’estero. Ci farebbe piacere pensare – conclude Rita Facchini – che questo sia considerato un valore anche per chi, ne prossimi mesi, dovrà compiere delle scelte importanti non solo per noi, ma per la manifattura italiana”.


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