“In Italia le prospettive delle donne nel mondo del lavoro sono ancora lontane dall’essere eguali a quelle degli uomini”.  Lo si legge in un comunicato di Cna Impresa Donna. “Il nostro Paese – continua la nota - non ha investito in maniera sufficiente nelle politiche sociali a favore della famiglia e non prevede una misura universalistica di sostegno ai figli. Esistono, inoltre, profonde differenze anche tra lavoratrici: il congedo di maternità obbligatorio, a esempio, prevede un’astensione dal lavoro di cinque mesi per tutte le lavoratrici, ma la copertura completa del reddito è riservata alle sole dipendenti.  E’ per correggere queste storture, almeno parzialmente, che abbiamo preparato un pacchetto di proposte sulle politiche d’investimento e sulle politiche di azione, relativo alle lavoratrici autonome”.
Queste proposte presentate e discusse giovedì 31 gennaio al Senato in una tavola rotonda su “Politica: sostantivo femminile singolare”. A tale iniziativa presenti la presidente nazionale Cna Impresa Donna, Maria Fermanelli, e le senatrici Nunzia Catalfo, Roberta Ferrero, Anna Rossomando (vice presidente del Senato) e Maria Virginia Tiraboschi.

Le politiche d’investimento

  1. Rendere detraibili al 50% tutte le spese di cura e di aiuto alla famiglia.
  2. Ridurre dal 22% al 5% l’Iva applicata ai servizi di welfare prestati dalle strutture private diverse dalle cooperative sociali e  dai loro consorzi.
  3. Riequilibrare la distribuzione dei fondi destinati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che attualmente vanno per il 90% alle lavoratrici dipendenti e per il 10% alle autonome.

Le politiche d’azione

  1. Rendere più flessibile l’offerta di servizi pubblici di welfare soprattutto rispetto agli orari e alle modalità di erogazione che risultano estremamente rigidi e sono scarsamente tarati sulle esigenze dei lavoratori dipendenti e dei loro ritmi più tradizionali.
  2. Riconoscere il “costo” del tempo dedicato alla formazione in termini di mancato guadagno, consentendo di dedurre dal reddito una somma aggiuntiva rispetto alla spesa sostenuta.
  3. Incentivare la creazione di reti territoriali di conciliazione vita/lavoro per servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia che prevedano la collaborazione pubblico/privato.
  4. Attivare un tavolo tecnico permanente presso il dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio sull’imprenditoria femminile e sulle politiche di welfare. Istituire una commissione parlamentare bicamerale per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere.

Sondaggio CNA SWG.  Imprenditoria femminile: passi in avanti, ma l'accesso al credito resta un problema 

Nella società e in particolare nel fare impresa la differenza sessuale tra donne e uomini sembra cominciare a sbiadire. Il nostro Paese compie un passettino in avanti. A registrarlo una indagine condotta da Swg per Cna nazionale, su un campione rappresentativo della società italiana, dedicata a “Donne, imprenditoria e accesso al credito”. Un maggior reddito a disposizione e un futuro più sicuro sono le motivazioni che principalmente spingono una donna al lavoro. Il 31% delle interpellate è mosso da più cospicue entrate economiche. La sicurezza rispetto alle incertezze della vita stimola un altro 25% del panel.
A distanza si piazza una maggiore gratificazione professionale, che si ferma al 13% del totale. Una motivazione tallonata dalla disponibilità più elevata di tempo libero, che tocca il 12% delle coinvolte nell’indagine, stavolta con la massima percentuale (16%) nella fascia più giovane, tra i 18 e i 34 anni, e al Centro (15%).

Nella società e in particolare nel fare impresa la differenza sessuale tra donne e uomini sembra cominciare a sbiadire. Il nostro Paese compie un passettino in avanti. A registrarlo una indagine condotta da Swg per Cna nazionale, su un campione rappresentativo della società italiana, dedicata a “Donne, imprenditoria e accesso al credito”. Un maggior reddito a disposizione e un futuro più sicuro sono le motivazioni che principalmente spingono una donna al lavoro. Il 31% delle interpellate è mosso da più cospicue entrate economiche. La sicurezza rispetto alle incertezze della vita stimola un altro 25% del panel.

A distanza si piazza una maggiore gratificazione professionale, che si ferma al 13% del totale. Una motivazione tallonata dalla disponibilità più elevata di tempo libero, che tocca il 12% delle coinvolte nell’indagine, stavolta con la massima percentuale (16%) nella fascia più giovane, tra i 18 e i 34 anni, e al Centro (15%).  Un problema ricorrente nelle imprese italiane, soprattutto quelle artigianali e piccole, è il credito erogato con il contagocce. Ma, nella partita con le banche, le donne imprenditrici (o aspiranti tali)  denunciano di essere trattate peggio degli uomini anche a parità di condizioni. L'indagine lo conferma. Emerge che a ritenere il trattamento in banca di molto peggiore per le donne è convinto il 12% della platea (8% uomini, 16% donne), con tetti per classe di età tra i 18/34enni (17%) e per macro-regioni nel Sud e nelle Isole (15%).

Nell’altra metà dell’universo, quanti sostengono che la differenza di genere nell’accesso al credito tra donne e uomini è scarsa sono il 30% (34% uomini, 26% donne). Tocca il 20% la quota di quanti non rilevano differenze di genere su questo fronte (23% uomini, 18% donne).

Tra quanti sono convinti che questa difficoltà di genere nell’accesso al credito esista, la motivazione che le donne potrebbero avere figli è la preferita dal 37% degli interpellati (33% uomini, 40% donne). A seguire in questa graduatoria è l’affermazione “le donne sono meno affidabili degli uomini”, fatta propria dal 27% del totale. Terza la motivazione “le donne mettono il lavoro al secondo posto rispetto alla famiglia”, scelta dal 19% degli interpellati (14% uomini, 23% donne). La presunta minore mentalità imprenditoriale posseduta dalle donne rispetto agli uomini è indicata dal 9% del panel (12% uomini, 7% donne).

L’indagine continua con un altro interessante quesito: il futuro della gestione aziendale, in cui la maggioranza dei partecipanti (39%) ritiene che i figli maschi siano indirizzati fin da piccoli a prendere in mano il futuro dell’azienda.

Sul fronte dei rapporti fra sessi sul lavoro sono interessanti due quesiti: potendo scegliere si preferiscono uomini o donne? Su entrambe le domande è diffusa l’indifferenza, che raggiunge il 76% per i capi e  il 66% per colleghi/collaboratori di lavoro.


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